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Smart working e produttività: un anno dopo

Questo mese la nostra azienda compie un anno in smart working.

Come tanti altri, ci siamo visti costretti a cambiare la nostra concezione di lavoro a marzo 2020, a causa della diffusione del Covid-19.

Quest’anno è stato molto particolare e adattarsi alla nuova modalità lavorativa ha richiesto uno sforzo organizzativo e motivazionale. A discapito di quanto pensassimo solo qualche mese fa, lavorare da casa si è rivelata un’esperienza ricca di sorprese e di spunti interessanti; ma intanto facciamo chiarezza: cos’è di preciso lo smart working? Qual è la differenza fra smart working e telelavoro?

Lo smart working (o lavoro agile) è una modalità lavorativa che si svolge da remoto. Nello smart working non ci sono vincoli di spazio e di tempo, ma si pone il focus sul raggiungimento degli obiettivi. Il fine ultimo è quello di migliorare la produttività ed il benessere del lavoratore.

Il telelavoro, al contrario, ha dei limiti temporali e spaziali ben definiti, spesso coincidenti con quelli che si tenevano in azienda. Dunque, è evidente come il telelavoro si basi su un principio completamente differente, dove non si volge lo sguardo tanto al raggiungimento degli obiettivi (a prescindere da modalità, tempi e spazi), ma alla riproduzione, più fedele possibile, delle condizioni lavorative che si trovavano in azienda.

Come noi, tanti altri lavoratori hanno adottato queste nuove modalità e organizzazioni durante quest’anno. Secondo l’Istat, infatti, sono quattro milioni i dipendenti passati in smart working in risposta alla pandemia e in particolare al primo lockdown. Il 20% dei lavoratori in Italia si è quindi riorganizzato, per poter svolgere le proprie mansioni da casa.

Fra coloro che non hanno abbracciato il lavoro agile (anche se potrebbero) le resistenze sono svariate, anche in base alle circostanze, ma una in particolare pare accomunarli tutti: la produttività è ridotta se si lavora da casa?

Per i datori di lavoro, la questione “produttività” è uno scoglio importante: lavorando da remoto, ovviamente, il livello di controllo da parte loro diminuisce, e ciò viene spesso associato ad una produttività ridotta. Questa credenza però, si è rivelata erronea. Lo smart working, infatti, garantendo una maggior libertà su tempi e spazi, e conciliando maggiormente la sfera personale con quella lavorativa, ha portato innumerevoli benefici a livello psico-fisico per i lavoratori, che si sono detti meno stressati, più autonomi e più motivati.

Tuttavia, potrebbero sopraggiungere delle criticità se non si gestiscono le comunicazioni nel modo adeguato. Fra questi, il calo di motivazione e il rischio di burn out, legato soprattutto al diritto alla disconnessione, che spesso viene gestito in maniera approssimativa. Per tenere sempre viva la motivazione, è fondamentale concentrarsi sull’efficacia e la tempestività delle comunicazioni fra colleghi, soprattutto per i progetti in team. Lo smart working può farci sentire isolati, a volte, per questo è fondamentale coinvolgere costantemente tutti i dipendenti, anche solo per dei momenti di “convivialità digitale”.

Nella fase successiva alla pandemia di Covid-19, ci si augura che sempre più aziende e lavoratori abbraccino questa modalità lavorativa, che non solo rappresenta un’apertura pratica, organizzativa e mentale alle nuove possibilità che ci offre il mondo digitale, ma anche un silente cambio di rotta verso una maggiore sostenibilità della vita lavorativa, sia a livello ambientale, che economico, che sociale.

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